Se guardiamo quest’immagine vediamo una ragazza in mezzo a dei libri. Ci sono anche una scatola, un ventaglio, un tappeto, un cane, delle bambole e abbiamo la sensazione che il tempo si sia fermato. Come se qualcuno avesse cliccato il tasto “pausa” e tutto fosse rimasto immobile.
“Prenditi il tempo” può essere interpretato come un invito a rallentare, un invito che magari arriva proprio quando ci sembra che tutto ci travolga: l’affanno, l’ansia, le cose da fare.
La giovane ragazza sdraiata su un tappeto è completamente assorta dalle carezze, dalle coccole al suo cane, e ci sta facendo entrare in un’altra possibile forma del tempo. Un tempo “ senza tempo”!
Un tempo al di là dell’orologio, al di fuori del tempo cronologico; un tempo sospeso nella immersione totale e assoluta nel momento presente, in uno stare con il corpo e con la mente dentro un gesto, una carezza, un gesto di attenzione e amore.
La nostra vita, al contrario del frammento di vita della ragazza fra i libri, è quasi sempre collocabile all’interno del tempo cronologico (kronos), che è un tempo carico del suo passato, del suo presente e del suo futuro, ovvero il tempo della programmazione, della pianificazione, delle cose che dobbiamo fare, dei progetti che hanno scadenze precise.
I greci, però, ci insegnano che c’è un altro tempo, il kairos, che è un tempo qualitativo, un tempo opportuno. Il kairos è appunto quel “tempo senza tempo“. E’ un tempo che possiamo assaporare e sentire quando siamo completamente presenti in ciò che facciamo.
E’ un tempo- sostenevano gli antichi Greci- in cui tutto può accadere, in un’istante. Non c’è bisogno di un prima e di un dopo. Non c’è uno sforzo, un tendere verso qualcosa che vogliamo o cerchiamo con affanno. Accade tutto lì, proprio in quell’istante, proprio ciò che serve e che ci fa stare bene. In questo tempo senza tempo in qualche modo ci “realizziamo”.
Questa ragazza, ad esempio, sta facendo le coccole al suo cane, quindi sta in un certo qual modo prendendosi cura di qualcosa che è lì, in quel momento, davanti a lei, non sta progettando, non sta programmando. È semplicemente lì. Lei è nel kairos, è in un tempo senza tempo, è nel presente. Non sembra quasi più ostaggio del tempo cronologico, quindi del passato e del futuro.
Prendersi del tempo significa liberarsi – quando si può- dal tempo cronologico. Dal tempo scandito dall’orologio. E’ necessario un allenamento però, altrimenti può sembrare un’affermazione utopistica, ideale, non concreta, astratta e addirittura impossibile con la vita che conduciamo.
Le possibilità per allenarsi possono essere molte e qui ne suggerisco una: liberarsi del “troppo”.
Troppo inteso come troppe cose da fare, troppi incontri, troppi progetti, troppo affanno, ovvero di tutto ciò che in un certo qual modo ci mangia il tempo.
Un “troppo” spesso governato da un IO troppo presente con le sue istanze nella nostra vita. Un IO che non sa bene come “lasciar andare” qualcosa, dal troppo che lo assilla.
Liberarsi dal troppo vuol dire provare a respirare nelle cose che facciamo.
Osservando la giovane donna stesa sul tappeto possiamo quasi sentire la sua vita, il suo respiro, la morbidezza del pelo del cane. Respirare con lei, assaporare con tutti i sensi il benessere e la calma che l’immagine ci trasmette.
Alleniamoci a portare tutto questo nel mondo professionale. Prendersi del tempo, nel “tempo professionale”, vuol dire forse saper gestire il fatto che non sempre sappiamo tutto o possiamo decidere tutto…seduta stante.
Chi è solo nel tempo cronologico produce affanno, forza scelte possibili solo a quelle condizioni dettate dal tempo cronologico. È continuamente tiranneggiato dal “tutto e subito”, dal decisionismo ossessivo.
Spesso nelle professioni è inevitabile. Ma non è sempre così. Sentire il bisogno di prendersi del tempo vuol dire dare valore all’attesa, al momento opportuno, ad un aiuto o supporto non ancora presente in quel momento. Sentire il bisogno di prendersi del tempo vuol dire dare valore al cielo, al caso, alla riflessione, al bisogno di prendere delle distanze. Sentire il bisogno di prendersi del tempo vuol dire dare valore al sentire: “Cosa significa per me prendere questa decisione?”, “Cosa provo?”, “Cosa mi serve?”, “Che impatto potrà avere sul contesto, e sugli altri?”.
Credo che in questi anni, in cui tutto spinge per farci accelerare i tempi e farci sentire in ritardo o addirittura inadeguati (la presenza ossessiva sui social network, le troppe app, i bisogni indotti dalla società, la velocità come valore assoluto, avere la risposta immediata), la vera innovazione sia quella di allenarsi a prendersi del tempo entrando con tutti i sensi nel momento presente.
Per fermare il tempo cronologico.
Per imparare a saper stare.
E’ una questione di coraggio. Il coraggio di fare più soste nel “senza tempo”.
Ricordando che molto spesso il mondo “indipende” da me.